Macugnaga - Riti tradizionali
BATTESIMO
Lungo il percorso che dalla casa del neonato portava alla chiesa, il bambino veniva portato a spalle da una parente. Era posto in una culla di legno legata ad una gerla con una “binda” molto colorata, veniva coperto prima con un velo bianco e poi con una coperta colorata.
Sotto il “bisacchino di foglie” che fungeva da materasso, veniva messo un coltello di legno “ter daghe”(la spada) per scacciare lo spirito maligno.
In chiesa ci andavano soltanto il padrino e la madrina. All’uscita dalla chiesa dopo essere stato battezzato e quindi purificato, il bambino veniva posto di nuovo nella culla e coperto, ma questa volta la coperta colorata veniva messa per prima, mentre il velo bianco copriva il tutto .
MATRIMONIO
Il corteo partiva dalla casa della sposa ,la quale, secondo lo “status” a cui apparteneva era vestita con il “ ganzeroch” se di famiglia modesta, o il “Tracht” se era di famiglia più agiata. Lo sposo accompagnato dai suoi parenti andava a prenderla a casa. Il corteo veniva aperto dalla sposa al braccio dal padre, seguivano tutti gli invitati e chiudeva il corteo lo sposo al braccio della madre.
Quando arrivavano in chiesa, la sposa che era al braccio del padre fino davanti all’altare, aspettava che lo sposo la raggiungesse al braccio della madre.
Durante il percorso da casa alla chiesa il corteo veniva interrotto dalle “ciuppe” “Zun” che consistevano in sbarramenti abbelliti da foulard e nastri che avevano lo scopo di rendere difficoltoso allo sposo “portarsi via” la sposa.
Infatti era compito dello sposo sciogliere gli sbarramenti fatti dai frazionisti e “pagare il pedaggio” in monetine e confetti.
FUNERALE
In casa vicino alla bara doveva essere sempre acceso il “cazili” ovvero il lumino ad olio, intorno, quattro candele benedette, accese.
Ai piedi della bara, su uno sgabello, un piccolo recipiente con dell’acqua benedetta e un rametto di larice immerso, permetteva alle persone che andavano a trovare il morto di benedirlo, quando entravano e quando uscivano.
Una persona a pagamento era sempre presente da quando la salma veniva sistemata nella stanza fino a quando veniva seppellita(due giorni dopo la morte) per recitare il Santo Rosario, ininterrottamente.
Il giorno del funerale davanti al corteo andava il chierichetto che portava una Croce sulla quale, se il morto era un uomo, veniva legato, con un nastro del costume, un foulard, se era una donna, sempre con un nastro del costume veniva legato un grembiule.
Anticamente, invece del cofano di fiori, sulla bara, se era morto un bambino /bambina, veniva messa una coperta azzurra/rosa ornata di fiori e nastri messi a festone. Se erano adulti celibi/nubili veniva messa una coperta bianca ornata di fiori e festoni. Se erano adulti sposati ”poveri” la coperta era nera e argento in cotone damascato. Se erano adulti sposati “ricchi” la coperta era nera e oro in velluto.
Nel corteo dietro al chierichetto con la croce e il foulard/grembiule ci andavano le donne, poi la bara seguita dai parenti infine gli uomini.
Otto o quindici giorni dopo il funerale si pregava “l’ufficio dell’ottava” alla fine del quale avveniva la distribuzione del sale. I parenti del defunto andavano a comperare dei sacchi di sale che mettevano in un cassone di legno e lo distribuivano all’uscita della chiesa dopo la funzione, usando una scodella di legno come dosatore.
Di fianco al cassone a dx o sx stavano due donne, anch’esse parenti del defunto, e avevano il compito di dare a tutti i parenti, oltre al sale dato con il dosatore anche una manciata di sale in più.
PANIFICAZIONE
La panificazione per la gente Walser era un momento importante della vita comunitaria, un misto tra la festa popolare e il rito . Il pane veniva fabbricato una volta all’anno, e cotto in forni (höfe ) frazionali. A turno, un anno per uno, le famiglie vicine al forno concedevano la loro sala(stube) , nella quale c’era l’antica stufa in pietra (fornetto), per l’occasione tenuta a temperatura piuttosto elevata così da permettere all’impasto, che le donne lavoravano nella grande marna, di lievitare. Esso veniva poi diviso in grosse forme (boviaga), e lasciato riposare in “religioso” silenzio su caratteristico letto con le ruote(roll bed), coperto da un lenzuolo fresco di bucato e da una coperta di lana. A lievitazione ultimata le boviaga si spaccavano superficialmente, quindi le donne cominciavano a preparare le pagnotte, disponendosi a lavorarle attorno ad un tavolo. I pani ultimati, venivano riposti su delle assi e portati all’uomo addetto alla cura del forno (höfe mandii ), il quale procedeva alla cottura. Oltre alle classiche forme di pane che poi sarebbero state poste nel solaio per essere conservate fino alla successiva panificazione su delle apposite rastrelliere, venivano fatti anche dei pani con forme particolari da donare durante la festa che seguiva la fatica. Essi avevano forme allusive, arrotondate per le ragazze (melcioru) e allungate per i ragazzi (zibel).
Il compito dei bambini invece,era quello di andare giornalmente a girare i pani nel solaio , per far si che seccassero senza ammuffire. Questo compito doveva essere svolto fischiettando, per evitare che nel frattempo lo potessero mangiare.
Il periodo della cottura del pane, era, per i giovani e le giovani del paese, un occasione di ritrovo, amicizia e, talvolta, anche amore.
L’ordine con il quale ogni famiglia procedeva alla preparazione e alla cottura del proprio raccolto, era stabilita dalle persone più anziane e carismatiche della frazione, ma tutto si svolgeva con grande serenità, solidarietà e gioia.
Della prima infornata, un pane veniva donato al prete, uno ai padroni della stube e uno ai più poveri del paese o “anticipato” a chi aveva già finito le scorte, con l’impegno a restituirlo appena lo avessero cotto a loro volta.