Macugnaga - Religiosità
Quando i walser, nel corso del secolo XIII lasciarono il Vallese e migrarono in Piemonte attraverso i passi delle Alpi Pennine e Lepontine, non mancarono di portare con se, nelle nuove patrie, oltre il bestiame e le masserizie, anche le immagini religiose, a cui erano affezionati, ed è pure logico pensare che si siano presto provvisti di sacerdoti della loro lingua.
A Macugnaga nella chiesa vecchia si conserva ancora la statua della Madonna col Bambino, di semplice fattura e rispecchiante i canoni di un’iconografia primitiva, che può benissimo ricollegarsi al tempo della migrazione attraverso il passo del Monte Moro.
Quanto al sacerdote sappiamo da un atto di vendita del 7 giugno 1317, conservato nell’archivio parrocchiale, che questo documento fu stipulato suntus porticu ecclesiae S. Marie de Macugnaga alla presenza presbiteri beneficiati eiusdem ecclesiae. Ce ne parla Enrico Bianchetti nella sua storia dell’Ossola Inferiore(vol.I, pag 203). In quell’anno dunque la comunità di Macugnaga si era già staccata dalla chiesa madre di Bannio ed era già eretta in parrocchia autonoma con un sacerdote ovviamente di lingua tedesca, perché potesse comprendere e assistere i fedeli. Se non possiamo sapere con precisione la data di fondazione della parrocchia di Macugnaga, certo è che essa fu la seconda ad essere istituita nella valle Anzasca dopo quella di Bannio.
Abbiamo anche la certezza che la chiesa di Santa Maria, nominata nel documento del 1317, è l’attuale Chiesa vecchia nella sua struttura originaria, prima che l’ampliamento e le modificazioni eseguite nel secolo XVI inserissero elementi stilistici nuovi nella pura forma gotica primitiva.
E’ opinione condivisa da alcuni scrittori di lingua tedesca, che allargarono il campo delle ricerca anche ai santi patroni del popolo walser, Teodoro e Nicola, che le loro tracce, così frequenti nelle colonie orientali, si perdano quasi del tutto tra Walser valdostani e piemontesi. Tale opinione potrebbe essere convalidata dal fatto che, mentre del compatrono S. Nicola resta ancora qualche ricordo, del principale santo protettore Teodulo o Teodoro (Joder in tedesco) si è persa effettivamente quasi ogni traccia. Ma un tempo non era così. I documenti infatti provano che S. Teodulo fu un giorno fiorente anche tra i Walser del sud. I risultati delle ricerche fatte sul culto di S. Teodulo e San Nicola tra i Walser piemontesi rivelano che l’affetto e la fedeltà nutrita per la patria d’origine hanno avuto come conseguenza che essi portassero fin dall’inizio nelle loro nuove dimore il ricordo e la devozione per questi santi.
Da un documento del 1501, conservato nell’archivio diocesano, si apprende che i macugnaghesi, in osservanza d’un voto fatto, avevano eretto nella chiesa parrocchiale di S. Maria un altare a S. Teodoro e che vi facevano celebrare ogni anno delle messe perché li difendesse e liberasse dalla grandine. Non sappiamo in quale anno avessero fatto il voto e costruito l’altare; siamo però informati che grande era la devozione all’immagine del santo. La statua lignea di San Teodoro “con lo spirito diabolico portante la campana” faceva pure parte della magnifica ancona che sovrastava l’altare maggiore della chiesa di S. Maria e che fu distrutta nel 1720. Anche S. Nicola era in onore in Macugnaga a lui era dedicato l’oratorio della frazione Quarazza. Purtroppo cappella e abitato sono scomparsi sotto l’acqua di un bacino artificiale.
Per antica consuetudine gli uomini di Macugnaga godevano il diritto di eleggere il proprio parroco , diritto forse risalente al primo costituirsi della parrocchia. Di questi parroci o rettori conosciamo i nomi solo a partire dall’anno 1553, anno in cui troviamo la parrocchia affidata al sacerdote Cristoforo Grollo di Macugnaga. Condizione essenziale per i titolari delle cappellanie di Borca e Pecetto, costituite più tardi, sarà la buona conoscenza del tedesco, tanto più chi aveva in mano il timone dell’intera parrocchia, doveva essere padrone di questa lingua. Perciò i fedeli si scelsero generalmente come loro pastori di preferenza sacerdoti macugnaghesi, quando c’erano, oppure preti nativi delle parrocchie Walser della diocesi di (Alagna, Rima, Rinella, Formazza); in qualche caso affidarono la parrocchia a preti tedeschi, per lo più della Svizzera interna, che ignoravano completamente l’italiano.
Anche a Macugnaga il clero godeva presso il popolo, profondamente credente, di grande autorità e prestigio, come non manca di rilevare Albert Schott nel 1839. Ma al tempo dello Schott questa autorità morale s’era gradualmente ridotta, da quando le sempre maggiori ristrettezze avevano spinto l’elemento maschile ad emigrare in massa e a risiedere in città e paesi esteri per notevoli periodi di tempo. Forse l’urto della religiosità un po’ abitudinaria del paese natale la diversa realtà del mondo esterno, percorso dai primi fermenti della moderna empietà (ci riferiamo in particolare al settecento), poté menomare in quei poveri emigranti, sradicati dal proprio ambiente, la tradizionale certezza nei valori religiosi. Di Macugnaga profondamente credente, in un passato non molto lontano rimane il tempio magnifico della parrocchia, voluto dalla fede dei suoi figli, che per esso si sobbarcarono ad enormi pesi finanziari e offrirono l’opera instancabile delle loro mani.